Da dove viene il grano per la pasta – Il 40% viene importato dall’estero e serve a migliorare la qualità.
«L’Italia produce poco più del 50% del proprio fabbisogno complessivo di cereali e semi oleosi.
Per quanto riguarda il grano, importiamo più del 50% del grano tenero e il 30/40% del grano duro.
Si tratta di due specie diverse, quello tenero (triticum aestivum) serve per preparare diversi tipi di farine che poi vengono utilizzate per produrre pane e prodotti da forno.
Il grano duro (triticum durum) ha una composizione e struttura diversa e si usa per fare la pasta».
L’Italia li importa entrambi?
«Il nostro Paese è il principale produttore di grano duro al mondo insieme al Canada.
Però circa il 50% della nostra produzione di pasta viene esportata, ed è una voce importante della bilancia commerciale.
Per quanto riguarda il grano tenero ne importiamo soprattutto dalla Francia, anche se negli ultimi anni sono aumentati gli arrivi da paesi dell’Est che fanno parte dell’Unione Europea (Ungheria, Romania, Polonia) – ma anche dalla Russia.
Questi Paesi rappresentano complessivamente il 25/30% delle esportazioni mondiali». Ricorrere ai mercati esteri è inevitabile?
«Sì per ragioni quantitative, ma anche qualitative.
Il grano è composto da molteplici varietà con caratteristiche differenti, e le farine industriali si ottengono mescolando grani diversi, per dare stabilità al prodotto.
La materia prima di importazione serve a migliorare il contenuto di glutine delle farine. I cosiddetti grani di forza, sono ricchi di proteine e sono necessari per prodotti lievitati come certi tipi di pane o il panettone». Da dove viene il grano per la pasta – Il 40% viene importato dall’estero e serve a migliorare la qualità.
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