Olio extravergine d’oliva: il raccolto pessimo provoca l’aumento dei prezzi.
Le previsioni ottimistiche per la primavera non si sono avverate. Il caldo, la siccità e gli sbalzi termici hanno limitato la crescita della produzione in Italia: solo + 15% rispetto al (molto negativo) 2020.
Questo non sarà l’anno dei sogni come sembrava qualche mese fa. E la colpa, come sempre in questi casi, è del tempo.
La stagione della lavorazione delle olive è iniziata e si possono fare le prime stime. Capire come va la stagione è importante anche per i consumatori, in quanto la quantità di olive raccolte aiuta a determinare il prezzo finale dell’olio che troviamo sugli scaffali dei negozi.
Ultimi dati provenienti da OlivYou, la più grande piattaforma di e-commerce specializzata nella vendita di olio extra vergine di oliva di alta qualità.
Secondo OlivYou, la maggior parte dei consumatori (60%) resterà a mani vuote perché non potrà acquistare online l’olio appena spremuto:
la disponibilità è sufficiente solo per soddisfare il 40% della domanda. Cresce la domanda: +55% negli ultimi tre mesi, “a dimostrazione di come l’olio extra vergine di oliva si stia trasformando da semplice condimento a ingrediente, da commodity a prodotto premium”.
A sostenerlo è OlivYou, che vende il cosiddetto olio novello, prodotto nelle ultime settimane: cioè un prodotto imbottigliato appena spremuto, che va subito in commercio senza travasi, e talvolta anche senza filtrazione.
L’olio italiano non basta nemmeno a soddisfare la domanda interna. Questa è una realtà da tempo, ma quest’anno è stata come una doccia fredda, perché la produzione è stata giudicata molto più alta di quella che i primi dati suggeriscono si stia concretizzando.
Secondo Ismea (dati a fine novembre), nel 2021 l’Italia produrrà 321mila tonnellate di olio. Più che nel 2020 (quando erano 273mila), ma comunque molto meno dei numeri che fanno parlare di “buon anno”.
Ad esempio, 429 mila tonnellate del 2017 o 506 mila tonnellate del super-2012. Le ottime premesse della scorsa primavera sono state distrutte, scrive Ismea, da gelate primaverili, “frequenti alternanze di caldo e freddo” e prolungata siccità estiva, che ha fatto strage, soprattutto al centro-nord.
In alcune zone la produzione è diminuita del 60%. Colpite anche la Toscana e l’Umbria, con il Lazio come unica regione detenuta al centro.
Olio extravergine d’oliva: il raccolto peggiore provoca l’aumento dei prezzi
I primi dati indicano un aumento della produzione nel sud del Paese. E se nel 2021 la crescita è del +15% rispetto all’anno precedente, è solo merito degli ulivi meridionali.
Questo, sottolinea Ismea, “crea uno squilibrio nel mercato” in quanto l’industria non è in grado di prevedere quanto prodotto italiano sarà in grado di imbottigliare e il settore deve ricorrere a importazioni “sempre più consistenti”.
Questo olio proviene principalmente da Spagna, Grecia e Tunisia. Quindi, le aziende italiane (e, di conseguenza, i consumatori) possono solo sperare che i prezzi dei prodotti all’estero non aumentino troppo.
Ma a giudicare dalle ultime settimane, questa è una vana speranza, perché solo nell’ultima settimana l’extravergine spagnolo è cresciuto del 42,3% rispetto alla settimana precedente, mentre in Grecia lo stesso indicatore è +16%, e in Tunisia addirittura + 52%.
Per quanto riguarda l’Italia, dopo nove mesi di calo, i prezzi di acquisto dell’olio d’oliva hanno ripreso a salire, e ora sono di 4,34 euro al litro.
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